IL PAESE e IL TERRITORIO
Mamoiada
è un ridente paese di collina di 2.700 abitanti circa sito a 650 metri s.l.m..
Il territorio è di appena 4900 ettari, pascoli ricchi di bestiame e numerosi
vigneti che sostengono le attività più fiorenti: la produzione di ottimi vini
e formaggi. Piccola storia. La storia
di Mamoiada, tra il 550 e il 238 a.C. (epoca dell'invasione dei Cartaginesi in
Sardegna) e nei secoli successiva,
si identifica con quella dei "fieri montanari, sempre ribelli alla
prepotenza straniera". In antichi documenti di archivio appaiono le
varianti: Marmoiada, Mamoyata,
Mamujata; in tempi recenti Mamojada. Attorno al
secolo XI Mamoiada fece parte del giudicato di Arborea e successivamente della
Curatoria della Barbagia di Ollolai. Durante il lungo periodo della
dominazione Aragonese-Spagnola (1324-1720) il re di Spagna Ferdinando V assegnò
Mamoiada ed altri centri del Nuorese a Pietro Massa di Arborea, mentre nel 1604
fu unita al Ducato di Mandas, feudo in origine dei Mazza e successivamente dei
Tellez-Giron. Nel 1820,
con l'Editto delle Chiudende, durante il dominio dei Savoia, cessò formalmente
il Feudalesimo, che permise l'assegnazione delle terre alla popolazione locale,
anche se di fatto, per vari motivi, vennero riscattate per la quasi totalità
dai nobili del paese. Nel 1847,
con la fine del Regno Sardo-Piemontese e
con la successiva Unità d'Italia, anche Mamoiada, unitamente ad altri paesi
della Sardegna e della penisola, si adeguò alla nuova situazione politica e ai
vari movimenti e trasformazioni socio-economiche tuttora in atto. Prodotti
artigianalmente e di genuina bontà sono il
pane harasau, i formaggi e una numerosa serie di dolci tipici locali. Eccellente la qualità dei vini biancu
e nigheddu. L’artigianato
produce gli antichi mobili,
cassapanche tradizionali e le autentiche maschere
di Mamuthones conosciute ormai dappertutto ma si trovano esclusivamente nei
piccoli laboratori dei pochi maestri
artigiani del paese. Così come le
miniature in ceramica e le
riproduzioni complete dei Mamuthones e
Issohadores. A 5 Km.
dal paese si trova il santuario dei SS. Cosma e Damiano ritenuto da alcuni
studiosi il più antico della Barbagia, risalirebbe al VII secolo d.C.
All'interno della chiesa si nota una nicchia in trachite rosa del '600 ed alcuni
affreschi di stile bizantino, alle pareti 14
formelle in ceramica smaltata, di buona fattura, raffigurante le stazioni della
“Via Crucis” realizzate in Spagna, nella fabbrica di Alcora, a Castellon de
la Plana, nella seconda metà del '700, dall’artista Jacinto Causada; le
stesse sono state ammirate da tutto il mondo nel 1998 in occasione della Via
Crucis del Venerdì Santo, officiata dal Papa Giovanni Paolo II, al Colosseo. Dal punto
di vista architettonico, l’emblema di Mamoiada è la chiesa di Nostra Signora
di Loreto, sita al centro del paese, di probabile periodo medioevale. Patrimonio archeologico. Mamoiada
possiede vaste zone di interesse archeologico. Si deve ritenere che lo
stanziamento umano in questo paese risalga ad epoche remotissime (XV-XIII secolo a.C.) poiché i segni di antichissime civiltà sono
abbondantemente presenti nel territorio. I Nuraghi sono numerosi ed hanno una struttura
lineare, sono maggiormente presenti
nelle zone più fertili e provviste di sorgenti. Attorno ad alcuni di essi sono evidenti i resti di villaggi e
dove questi mancano si suppone che siano stati distrutti per recintare i campi. Citiamo “Arràilo”, in zona sa Pruna, sulla strada per Orani,
“Monte Juradu”, sulla strada per Sarule, “Orgurù”, sulla strada per
Fonni. Numerose anche le “Domus de Janas”, piccole tombe del periodo
neolitico-prenuragico, scavate nel granito. Esse si trovano in località “Mazzozzo”,
alla periferia del paese, in località “Garaunele”, in prossimità della
chiesa campestre di “Loret’attesu”, sulla strada vicinale per Oliena, in
località “S’Eredadu”, ed in altri posti.
Particolarmente interessanti sono Sas
Honcheddas in località “Istevene”, un gruppo di 6 “domos”, sulla
statale n° 389 per Fonni. Nella terza “domo”, in un pilastro rettangolare,
è scolpita una testa di toro
schematica, in rilievo, che si
ritiene sia un simbolo di forza e fertilità.
Diversi sono i “Menhirs” o Perdas
Longas, ritenuti oggetti di culto. Recentemente (Marzo 1997) sono state rinvenute delle
rare pietre: un superbo monolito, non classificato e unico nel suo genere per
altezza (m. 6,50) e una grande
statua “Menhir”, di granito, risalente forse al III millennio a.C. detta “Sa Perda Pintà” (m. 2.67x2,10).
Caratteristica di quest’ultimo monolito è
la presenza di una serie di
coppelle e di incisioni concentriche
che lo rendono unico in Italia. Pare sia stato trovato un simile monolito in
Inghilterra. (*) Fino a
circa due secoli fa diversi siti archeologici dovevano essere pressoché
intatti, in seguito la distruzione e lo “smontaggio” di interi siti o
singole steli, perdas longas ed altro
non avvenne espressamente per vandalismo o per costruzione di muri di confine. Riportiamo,
in lingua originale ed eventuali errori di stampa, un breve tratto riguardante
le “antichità” di Mamojada dal “Dizionario Geografico-Storico-Statistico-Commerciale”
degli Stati di S.M. il Re di Sardegna compilato per cura del professor Goffredo
Casalis ai primi decenni del 1800: «…in
su’ confini co’ salti di Orgosolo, e nella regione prossima ai salti di
Orani, che dicono Venatieri vedonsi
grandi monoliti piramidali eretti sul suolo, dello stesso genere di quelli che
in altre regioni sono detti Pedras Fittas,
e che sogliono essere in numero di tre con in mezzo il maggiore. Il primo di consimili monumenti che
fosse considerato da me, fu il primo. Innanzi quel giorno nessuno scrittore li
avea riguardati. Chi abbia veduto sulle rive del Carnac (Morbihan) le
pietre celtiche dette Men-hir, la
qual parola nella lingua de’ brettoni dice Pietre (men) lunghe (hir), e veda poi questi monoliti
sardi, che molti dicono Pietre-fitte,
perché infisse al suolo, e altri Pietre
lunghe, potrà riconoscere la grandissima e quasi intera somiglianza di
siffatti obelischi de' due paesi nella materia, nella forma e in altri rispetti,
se non che in Sardegna trovansi lontane le une dalle altre queste pietre, e
sempre in numero di tre, due delle quali minori; mentre nella Brettagna
occorrono così frequenti, che siasi potuto credere fossero monumenti di morte
sopra le sepolture di persone insigni, e tutti della stessa altezza che
pareggiasi a quella della media fra le Pietre-lunghe
de’ sardi. In più contrade della Bretagna i creduli abitanti
della campagna dicono che in certe epoche dell'anno al chiaror della
luna appariscano i cornandous folletti nani di non bella figura, e
formino intorno a' menhir una danza infernale e che nel silenzio
della notte odansi con le loro stridule voci chiamare i viaggiatori i quali
tentano lusingare facendo suonar
dell’oro. E parimente fra i montanari sardi sono alcune strane opinioni sopra
questi monumenti, e v’ha chi crede che i diavoli abbian sotto tali pietre
conservati tesori, e che a’ medesimi non si può arrivare da’ ladri che
nell’anno santo, quando i mali spiriti sono impediti a difenderli. Perciò nell’anno del giubileo
generale furono rovesciate le pietre-fitte in molti luoghi, e una pure nel
territorio di Mamojada. (*) Ampia descrizione di tutti i siti
archeologici nel territorio di Mamoiada con fotografie, planimetrie e disegni
nel libro “Pietre Magiche a
Mamoiada” di Giacobbe Manca e Giacomino Zirottu,
patrocinato dall’Amm.ne Comunale e curato dall’Assoc. “C. Atzeni” - ediz.
Studiostampa - Nuoro.
SAGRE e FESTE
Una delle
più sentite tuttora dai mamoiadini è quella di Sant’Antoni (Sant'Antonio abate) il
16-17 Gennaio, nata in tempi antichissimi come rito propiziatorio per la nuova
annata agraria. I festeggiamenti iniziano la sera
del 16 Gennaio (sa die de su
Pesperu), con l'accensione e la benedizione del fuoco all'esterno della
chiesa parrocchiale. I fedeli
girano intorno ad esso recitando il Credo per
tre volte. La tradizione vuole che ciascun rione accenda poi il suo fuoco
con un tizzone preso da quello principale in onore del Santo. In ogni rione del
paese la popolazione si raccoglie attorno ai grandi fuochi votivi. E' un
momento di grande partecipazione sociale che si estende anche ai visitatori
forestieri ospitati in ogni vicinato
ai quali vengono offerti del buon
vino e i dolci tipici del periodo. E' proprio
in occasione di questa festa che "escono"
per la prima volta nell'anno sos Mamuthones
e sos Issohadores. La festa
dei SS. Cosma e Damiano rappresenta invece
la fine dell'annata agraria. Si svolge nell'omonimo Santuario campestre,
a 6 Km. dal paese, che è meta di numerosi pellegrini nel periodo estivo, dove è possibile
soggiornare nelle caratteristiche hùmbessias che
circondano la chiesa. A fine Settembre i festeggiamenti in onore dei due Santi si
concludono con manifestazioni religiose, musicali, di folclore locale. Tra le feste popolari più antiche e ricche di folclore della
Sardegna è il CARNEVALE MAMOIADINO, un Carnevale semplice, povero, se per
povertà s'intende la mancanza di sofisticati carri allegorici in cartapesta o
altri moderni mascheramenti, ma tra
i più suggestivi e autentici. Tutta Mamoiada si riversa nella
piazza principale per ballare i tradizionali passu torrau e sartiu, al
suono dell'organetto, per ore ed ore, instancabilmente. Nulla è artificiale o
d'importazione esclusi, naturalmente, i turisti che ogni anno giungono sempre più
numerosi da ogni parte del mondo per assistere a questo genuino spettacolo.
Molti soggiornano presso famiglie del paese (contattare l'Associazione Pro-Loco per sapere la
disponibilità). Uomini e
donne indossano il tradizionale costume, sfilando e ballando offrono a tutti i
dolci tipici locali. Ma la maggior attrattiva, l'attenzione
di tutti viene richiamata dalla sfilata dei
Mamuthones e Issohadores che sono il simbolo di questo Carnevale
e, con il loro procedere e la loro "musica" ritmata, trascinano e
coinvolgono la folla. Si spostano
come vogliono senza interrompere la compostezza dei loro movimenti, della danza,
sono loro i veri padroni del Carnevale. «Senza Mamuthones e Issohadores
non c'è Carnevale » dicono gli abitanti di Mamoiada. Un altro
simbolo del Carnevale Mamoiadino è dato da
un'altra maschera tipica chiamata
Juvanne Martis, collocata sopra un carretto e attorniata da una
ristretta cerchia di "parenti" che piangono la sua morte il martedì
grasso, ultimo giorno di Carnevale. A conclusione dei tre giorni di balli e sfilate in piazza, viene offerto ai presenti un tipico piatto di fave con carne di maiale, il tutto innaffiato dall'ottimo vino locale. IL MUSEO DELLE MASCHERE MEDITERRANEE
Il museo nasce con l’intento di costituire un luogo di contatto
tra l’universo culturale di un piccolo paese della Sardegna interna, Mamoiada,
nota in tutto il mondo per le sue maschere tradizionali i Mamuthones e gli
Issohadores e le regioni mediterranee che, attraverso le rappresentazioni e le
maschere di Carnevale, svelano una comunione di storia e cultura. In particolare il museo rivolge il suo
interesse verso le forme di mascheramento nelle quali, in una grande varietà di
combinazioni, ricorre l’uso di maschere facciali lignee zoomorfe e grottesche,
di pelli di pecora e di montone, di campanacci e in generale di dispositivi atti
a provocare un suono frastornante. A queste maschere, proprie delle comunità dei pastori e dei
contadini, si riconosceva il potere di influire sulle sorti dell’annata
agraria; per questo, malgrado l’aspetto impressionante, la loro visita era
attesa e gradita e occasione per farsele amiche attraverso l’offerta di cibo e
bevande. A partire dalle maschere
della tradizione di Mamoiada il museo offre un’esposizione comparata di
reperti provenienti dai diversi paesi del Mediterraneo evidenziandone le affinità
e le vicinanze piuttosto che le difformità e le distanze. Il museo è unico nel suo genere, infatti, le sue dotazioni
strutturali sono basate in parte sull'offerta classica (le maschere dei paesi
mediterranei), in parte su un elemento innovativo, con l'ausilio di strumenti
della Informazione e Comunicazione Tecnologica. E' una struttura in grado di favorire gli scambi e le
interrelazioni con musei, istituzioni culturali ed associazioni operanti in
quest'ambito. L'unicità del museo consiste nella sala multivisione dove, grazie alla
presenza di dodici diaproiettori, i visitatori potranno rivivere momenti topici
della sfilata dei Mamuthones e Issohadores, partendo dalla festa di
Sant'Antonio abate (17 gennaio) sino al caratteristico Carnevale mamoiadino. Nella sala espositiva si
possono ammirare le maschere in modo più tradizionale e
istruttivo. In un angolo, su un piano in roccia locale, sono esposte due
maschere complete di Mamuthone ed una di Issohadore;
da qui si sviluppano a raggiera due assi espositivi: a destra vi sono altre
maschere del Carnevale barbaricino (di Ottana e Orotelli); a sinistra si possono
visitare le maschere che provengono da altri paesi del bacino Mediterraneo (Grecia, Slovenia,
Croazia ed arco alpino). Orario di apertura: dal Martedì alla Domenica dalle ore 9,00 alle ore 13,00 dalle ore 15,00 alle
ore 19,00 Il museo è gestito dalla
piccola società cooperativa: "Viseras" s.r.l.
Piazza Europa, 15 -
08024 MAMOIADA (Nu) P.I. 01128700919 Tel. 0784/569018 - Fax 0784/56719 www.museodellemaschere.it e-mail: [email protected]
MAMUTHONES e ISSOHADORES
L’abbigliamento del Mamuthòne comprende attualmente l'abito
in velluto scuro, la mastruca nera (casacca di pelle ovina caratteristica dei
pastori sardi) chiamata sas peddes, le
scarpe in pelle conciate a mano dette sos
hòsinzos; sul volto porta sa
visera, una maschera nera antropomorfa, sul capo il berretto sardo (coppola)
ed il fazzoletto del vestiario femminile (su mucadore) che avvolge visera
e berretto. Sul dorso del Mamuthòne,
legato da una serie di cinghie in cuoio con un complesso sistema di ancoraggio,
è sistemato un pesante mazzo di campanacci di varia misura mentre un altro
carico più piccolo di campanelle bronzee è collocato sul davanti all’altezza
dello sterno e dello stomaco. L’insieme dei
campanacci e sonagli viene chiamato sa càrriga. Il peso complessivo di tutta
l’attrezzatura si aggira sui 25 chili, ma non è solo il peso quello che fa
faticare i componenti di questo straordinario gruppo bensì la “morsa” delle cinghie in pelle, ben strette tra le
spalle e la gabbia toracica che rendono difficile la respirazione. Infatti, a
fine esibizione, le spalle dei partecipanti sono spesso segnate da varie
ecchimosi. Una delle doti richieste per fare il Mamuthòne è la resistenza alla fatica. I Mamuthònes sono accompagnati dagli Issohadores, portatori di soha,
una lunga fune ora in giunco ma che prima era di cuoio pesante. L’Issohadore non porta ne maschera nera ne
campanacci, il suo abbigliamento è diverso da quello del Mamuthòne e viene indicato a Mamoiada come “veste’e turcu” (vestito da turco). L’abbigliamento ora
comprende: sul capo la nera berritta
sarda legata al mento da un fazzoletto variamente colorato, larghi pantaloni e
camicia di tela bianchi, sopraccalze di lana nera, il corpetto rosso del costume
tradizionale maschile, a tracolla una cinghia in pelle e stoffa dove sono
appuntati piccoli sonagli, uno scialle, di solito scuro con bellissimi ricami,
legato alla vita con la parte
variopinta che scende lungo la gamba sinistra. Ultimamente, da parte
dell’associazione Pro-Loco, è stato ripristinato l’uso della visera crara (maschera) per gli Issohadores.
Questa visera è chiara, dai
lineamenti gentili e veniva indicata come maschera “de Santu” o “de
Santa” o ancora maschera “Limpia” (pulita). I Mamoiadini affermano che
senza Mamuthones e Issohadores non c’è Carnevale il che vuole significare che è
questa la manifestazione più importante, il simbolo del Carnevale e segno di
allegria e tempi propizi. La sfilata dura dal pomeriggio
fino alla tarda sera, Mamuthones e Issohadores mangiano e bevono poco perché
l’esibizione richiede sforzo e le cinghie dei campanacci comprimono il torace
o forse perché, dice qualche studioso, in principio digiunavano come negli
antichi misteri. Quella dei Mamuthones e Issohadores non pare una carnevalata ma da più l’idea di una
cerimonia solenne vuoi per la taciturnità e compostezza dei partecipanti, vuoi
per il loro procedere ordinato come in una processione. Il passo per avanzare e scuotere i
campanacci quasi fa pensare ad una danza, «una processione danzata» come
l’ha definita l’etnologo Raffaello Marchi che per primo, negli anni ‘40,
ha osservato molto da vicino questa manifestazione. Il gruppo è composto
tradizionalmente da 12 Mamuthones e 8 Issohadores e vanno avanti disposti in
quest’ordine: M = Mamuthone I = Issohadore
I
I
M
M
I
M
M
I
M
M
M
M
I
M
M
I
M
M
I
I I Mamuthones sfilano disposti su due file parallele mentre gli Issohadores, mobilissimi, quasi a
protezione si sistemano in posizione di avanguardia, retroguardia e sui fianchi
esterni delle due file. La processione procede
lentamente, il passo dei Mamuthones è
diverso da quello degli Issohadores ma non è discordante. I primi si muovono a piccoli passi cadenzati,
quasi dei saltelli, compiono un movimento obbligato poiché nel
procedere devono scuotere allo stesso tempo tutti i campanacci e sono
appesantiti anche dalle vesti di lana grezza e dalla visera.
Nell’avanzare danno tutti dei colpi di spalla ruotando il corpo una
volta verso destra e un’altra verso sinistra; a questo movimento in due tempi,
eseguito in sincronia, corrisponde un unico squillo dei campanacci; ogni tanto
tutti insieme fanno tre rapidi salti su se stessi seguiti, naturalmente, da tre
squilli più alti di tutti i sonagli. Gli Issohadores si muovono con passi più agili e quando vogliono
gettano sa soha (il laccio) e colgono,
tirano a sé la persona che hanno scelto nella folla. La bravura dell’Issohadore sta proprio nel riuscire a
“catturare” la persona scelta con questa originale fune che è assai leggera
e di complicata manovrabilità, molto più impegnativa di quelle tradizionali in
pelle o canapo. Mentre compiono questo
esercizio essi possono scambiare qualche parola con la gente che li circonda, mentre i Mamuthones restano muti per tutto il
percorso della processione. Specialmente se sono uditi a
distanza, per le vie di Mamoiada, loro unico ambiente naturale, mentre avanzano
gradualmente dal silenzio, gli squilli alti e leggeri dei sonagli, quelli gravi
e cupi dei campanacci fortemente scossi dai colpi faticosamente cadenzati dei
passi creano una sonorità amplissima, solenne, piena di oscuri significati. In questo clima di mistero avanza la
processione, austera e tragica, con i Mamuthones neri e oppressi come schiavi in catene e gli Issohadores colorati e apparentemente più liberi nel movimento. ORIGINI La Sardegna non cessa di
stupire per i misteri che si nascondono dietro le sue tradizioni. Ancora nel terzo millennio,
questa terra arcaica e misteriosa serba riti ancestrali e suggestivi che si
osservano solo esaminando attentamente lo svolgimento di alcune feste popolari.
La sfilata dei Mamuthones e Issohadores è comunque un rito tanto antico che il significato si
è perso anche nella tenace memoria della cultura orale barbaricina, impossibile
da catalogare con certezza, cioè
senza possibilità di errore. Oggi, in molti paesi, se non
scomparso del tutto, è appena rimasto un debole ricordo di antichi usi e
tradizioni. Mamoiada ha avuto la
fortuna di aver conservato meglio la sua misteriosa
mascherata che sembra, per certi versi, diversa da tutte le altre ancora praticate, o estinte da non molto tempo, negli altri paesi della
Sardegna. Le
pubblicazioni che abbiamo sui Mamuthones
e Issohadores sono, in genere,
recenti, la più “antica” è datata 1951.
Questo ha reso certamente più difficile l’individuazione e la
collocazione precisa del
significato della manifestazione. L’analisi del fenomeno doveva
essere però seriamente affrontato nell’ambito etnologico e con metodo
storico-culturale. Nel 1990 la studiosa Dolores
Turchi pubblica il frutto di 12
anni di studi sull’argomento con il libro “Maschere miti e feste della
Sardegna”. Una
ricerca indispensabile, con esaurienti esami comparativi dei fenomeni esistenti
non solo nella tradizione sarda, affrontata e condotta con scrupolosità
scientifica. Una ricerca seria e
approfondita che, basata sulla testimonianza dei vecchi, sui miti che questi
raccontano, legati a rocce e a territori particolari, sui ritrovamenti
archeologici e sulla toponomastica delle zone indicate, nonché sulle antiche
fonti letterarie e sulle tradizioni legate ai santi più venerati dell’isola,
ha portato alla scoperta dell’antica religione dei Sardi e
all’identificazione delle loro divinità.
Con
questa pubblicazione ora abbiamo molti più elementi per individuare chi si nasconde nella
maschera dei misteriosi tragici Mamuthones, chi era la vendicativa Luxia Rabbiosa nel mito della pietrificazione, cos’era il
presagio di morte del terrificante Boe
Muliacre che vagava durante la notte, quali divinità ricopre Sant’Antonio
del fuoco e quanta importanza ebbero i misteri dionisiaci ed eleusini in una
terra in cui la sopravvivenza degli uomini fu sempre legata ai riti agrari per
la richiesta dell'acqua e per la fertilità dei campi. In ordine cronologico di
pubblicazione nel sito www.mamuthonesmamoiada.it
si propongono diversi studi circa l’origine e il significato dei Mamuthones e Issohadores, naturalmente si parla sempre di ipotesi e l’ipotesi,
si sa, non fa scienza. Intanto la cerimonia rimane e Mamoiada la conserva
gelosamente sia pure relegata tra le manifestazioni carnevalesche. …se vuoi un Carnevale che non c’è ne un
altro su tutta la terra - scrive Salvatore Cambosu in “Miele amaro” - vattene a Mamoiada che lo inaugura il giorno
di Sant’Antonio: vedrai l’armento con maschere di legno, l’armento muto e
prigioniero, i vecchi vinti, i giovani vincitori: un Carnevale triste, un
Carnevale delle ceneri, storia nostra d’ogni giorno, gioia condita con
un po’ di fiele e aceto, miele amaro. Chi osserva lo spettacolo dei Mamuthones e Issohadores a Mamoiada - scrive Paolo Pillonca grande
amico di Mamoiada e della sua gente - può “leggere” il cerimoniale attraverso il filtro che preferisce o
attraverso più di un filtro. Forse il fascino più sottile
dei Mamuthones consiste proprio in
questo: nel mistero che ne avvolge l’origine e di conseguenza ne nasconde il
significato, nella libertà che lascia all’immaginazione di ciascuno di
ricostruire a suo modo un enigma nel ricollegare tutto ad una tragedia, ad un
rito o nel confinarlo invece in dimensioni più modeste di una storia senza
storia quale è quella dell’umana fatica di tutti i giorni, ieri con gli
animali dei campi, oggi con i mostri tecnologici delle città. MAMOIADA LINKS INTERESSANTI Il
sito ufficiale della Pro-oco di mamoiada e dei suoi famosi mamuthones e
Issohadores. Mamoiada non solo maschere: Ospitalità, prodotti alimentari
genuini, dolci tipici, pane carasau, formaggi, famosi e rinomati vini, circuito
archeologico esclusivo, museo dela maschera mediterranea unico nel suo genere,
artigianato locale e altro ancora - Il sito ufficiale del Museo
delle Maschere Mediterranee a Mamoiada. Unico nel suo genere. CHI ERA JUAN PERON? Donde naciò? Un enigma sardo nella storia dell’Argentina. La verità sulle origini del
mitico 3 volte presidente argentino. Non è più una leggenda. Nel 1951 Nino
Tola, nel 1984 Pino Canneddu, nel 2000/2003 Raffaele
Ballore e Gabriele Casula con testimonianze, documenti e foto dimostrano che è veramente sardo, di Mamoiada, si chiamava Giovanni Piras evidenziando le
contraddizioni di Peron e degli storici. Ampie descrizioni sulle varie
ipotesi di origini e significati con le pubblicazione degli studiosi si possono
leggere cliccando |
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